Oltre lo specchio della libertà
Pubblicato da Raffaella Bonsignori in Altro · Sabato 16 Set 2023
Negli ultimi mesi, anche a seguito di episodi altamente drammatici, ho sentito usare la parola “libertà” nei contesti più fantasiosi.
«Sono libera di ubriacarmi»
«Sono libero di mascherarmi da donna e partecipare ad una gara nella categoria femminile»
«Sono libero di picchiare»
È di questi giorni, infatti, la notizia della richiesta di assoluzione, da parte di un Procuratore della Repubblica Italiana, nei confronti di un extracomunitario che ha picchiato la moglie, perché picchiarla rientra nella sua cultura, nella sua sfera di libertà.
Inoltre, nell'universo del diritto penale, vengono derubricati sempre più reati cosiddetti bagatellari. Bagatellari per chi li compie, ovviamente, non per chi ne è vittima. E, così, si lascia al giudice civile l'eventuale - eventuale - riconoscimento del danno, che spesso si traduce in un niente di fatto; diventano, così, tristemente reali affermazioni come:
«Sono libero di danneggiare»
«Sono libero di ingiuriare»
E ce ne sono a iosa, di simili “libertà”.
Ma è davvero questo che la parola indica?
La libertà è il fulcro di un vortice di determinazioni giuridiche e politiche, di profonde meditazioni filosofiche. È uno specchio da attraversare con l’animo curioso e incosciente di Alice, ma anche con la consapevolezza che si tratta di un fenomeno complesso: di fronte alla libertà siamo come i ciechi di una parabola buddista, che devono spiegare cosa sia un elefante toccandone solo una parte, salvo, poi, unire le loro conoscenze e raggiungere un’immagine veritiera.
Oggi, però, le parti dell’elefante si sono inspiegabilmente moltiplicate, diventando contraddittorie. La libertà assomiglia più al Sarchiapone di Walter Chiari o al Minollo di Massimo Troisi che all’elefante dei buddisti. Ha tante zampe, ma anche una zampa sola, ha il muso schiacciato, ma anche allungato. Ognuno racconta la sua parte, ma è spesso incompatibile con quella dell’altro. E l’immagine veritiera diviene irraggiungibile.
La libertà, nel 2023, è una bestia sconosciuta, che diventa facilmente tutto e il contrario di tutto. E quando carichiamo una parola di ogni significato possibile, quella parola, inevitabilmente, diventa il nulla.
Moltissimi gli aspetti della libertà di volta in volta indagati nel corso dei secoli. Anticamente, ad esempio, era libero chi non si trovava in condizione di schiavitù. Aristotele, invece, identificava la libertà con l’atto volontario; senza volontà esistono solo coercizione e ignoranza, diceva. Eppure, oggi mi guardo attorno e vedo una libertà fatta di schiavitù, una libertà priva di atti volontari. La libertà è diventata una dittatura dove veramente libero è solo chi comanda. Siamo prigionieri di dettami assolutistici che rendono il portatore di un pensiero dissonante quasi peggiore di un appestato nella Milano seicentesca. Animale da lazzaretto. La tendenza generale è adeguarsi. Assuefatte all’obbedienza ottusa, molte persone bevono notizie false come vere e rifiutano quelle vere perché certa “intellighenzia” afferma che non lo sono. Vivono come schiavi; come automi biologici che hanno abbracciato la via del non-essere, dismettendo la capacità critica; vivono come rozzi primitivi che hanno abbandonato la via del pensiero e vedono la libertà come mera realizzazione dell’istinto, dell’impulso. La libertà di ubriacarsi, la libertà di ingiuriare, la libertà di picchiare … Non si preoccupano dei suoi confini naturali, che tutelano la libertà altrui; non si preoccupano della Libertà con la elle maiuscola, quella di parola, di credo religioso; la libertà relativa all’autodeterminazione in tema di salute. Del resto, l’istinto, l’impulso sono fuori dalla sfera del ragionamento. «Non sono queste le libertà importanti», viene detto loro. «Continuate a pensare che libertà sia ubriacarsi, ingiuriare, picchiare …. Mi raccomando!». E loro ci credono.
E, così, ascoltiamo voci che definiscono libertà persino bombardare di ormoni i bambini solo perché questi ultimi, sollecitati da influencer neanderthaliani e da una televisione ed un cinema “politicamente corretti”, dicono di voler appartenere all’altro sesso; bambini che hanno un’età in cui non sanno nemmeno cosa vogliono per merenda.
Ascoltiamo voci che, sotto lo scudo dell’orgoglio gay, trasformano l’orientamento sessuale in una brutta pagliacciata. Ci sono state epoche in cui l’omosessualità era perseguitata, soprattutto sotto il dominio temporale della Chiesa, e questa era un’infamia. Ma ora non lo è. Quindi perché essere tanto invasivi? Perché volerla imporre ad ogni costo, ovunque, come l’unica realtà esistente? Perché inscenare mascherate pubbliche, volgari e a volte persino blasfeme? La nonna di un mio amico diceva che non si dovrebbe mai sbandierare quel che accade sotto le lenzuola. Donna saggia. È questione di intelligenza e di buon gusto. A me non verrebbe mai in mente di scendere in piazza ad urlare la mia eterosessualità. Sono affari miei.
E, così, insieme alla ragione abbiamo perso anche il pudore.
Ascoltiamo voci che identificano la libertà con la violenza e la violenza con la cultura.
Ascoltiamo voci che chiamano libertà togliere i figli a genitori in difficoltà economica, persino gonfiando ad arte quella condizione, per poi farne oggetto di arricchimento personale.
«Sono libero di prendermi tuo figlio»
In assenza di confini, la libertà diviene prevaricazione bestiale.
E, intanto, della libertà vera, della libertà per cui gli eroi del passato hanno combattuto e sono morti, della libertà che ha visto combattere i ragazzi di Budapest, che ha visto Ian Palach immolarsi e per cui si sono battuti Nelson Mandela o Martin Luther King, della libertà che illumina il mondo, come simboleggia la statua americana sul fiume Hudson, della libertà di voto e di studio, della libertà di parola nessuno sa più niente.
Anzi, quand’anche un ultimo sprazzo di curiosità dovesse spingere qualcuno a studiare la storia, a scoprire la parte più nobile dell’essere umano, questo qualcuno, perla rara, verrebbe messo a tacere. Se osi dire qualcosa di diverso da ciò che il “pensiero unico” della società globalizzata vuole, devi essere imbavagliato, perseguitato. I signori dei social ti oscurano, il vicino di casa ti toglie il saluto; il favoritismo riservato agli adepti della nuova libertà, quella senza cervello, ti fa retrocedere nel lavoro, anche quando le tue capacità surclassano quelle degli altri, e i mass-media ti bombardano con stravaganti nozioni di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
La vita è ormai un gioco virtuale di burattini, nel quale “libero” è solo il Burattinaio che detta le regole, che impone gli stili di vita, quelli che riempiono le sue tasche, in un modo o nell'altro.
Ci hanno imprigionati in un mondo di App, che ci isola e ci indebolisce. L’esperimento del covid lo dimostra: isolati ci sottomettiamo più facilmente a qualunque realtà, anche la più malsana, la più folle, la più delinquenziale.
Sì, siamo prigionieri in un mondo virtuale. E il mondo virtuale si espande. Alcuni la considerano una buona promessa; a me sembra più una minaccia. Siamo arrivati all’Intelligenza Artificiale, fatta di spezzoni di frasi e di idee accorpate ad una velocità incredibile, senza anima, senza arte, senza estro, senza un vero pensiero. Ma, forse, è proprio questa l’intelligenza del futuro. L’intelligenza degli schiavi del Burattinaio, che pensano di essere liberi perché hanno dimenticato cosa sia la libertà. «La più grande beffa che il Diavolo abbia mai fatto al mondo è stata quella di convincere tutti che non esiste» afferma un magnifico Kevin Spacey ne I soliti sospetti. Eh, già! Ecco perché ci sono ancora persone che affermano l’inesistenza del pensiero unico, della verità falsata; persone che vedono nella libertà null’altro che un’affermazione dell’istinto e del desiderio fuori controllo.
Libertas era una dea incoronata dalla Vittoria. Vestita di bianco, colore della purezza, sedeva su una biga, perché destinata a non rimanere immobile. Non credo, però, che avrebbe mai immaginato dove l’uomo del 2023 l’avrebbe condotta.
© di Raffaella Bonsignori
[Tutela certificata - S.I.A.E. - 16.09.2023]
© Foto di Raffaella Bonsignori : la Statua della Libertà vista dalle Torri Gemelle, 1991